Non basta essere mariti per essere buoni mariti,non basta essere mogli per essere brave mogli,non basta essere amici per essere buoni amici,non basta essere Cristiani per essere buoni Cristiani
LA PARALISI DEL CUORE
(2 Sam 12,1-13; Salmo 31/32; 2 Cor 4,5b-14; Mc 2,1-12)
In questa domenica il Signore ci guida attraverso parole semplici e quotidiane ma allo stesso tempo molto incisive. Gesù nella liturgia di oggi ci aiuta a pregare e ragionare attraverso il nostro CORPO. Il brano di Mc 2,1-12 ci permette di entrare nel mistero del corpo, della psiche, fino alla profondità dell’anima stessa.
Gesù entra a Cafarnao, nella città dell’Apostolo Pietro, nel campo base dei suoi tre anni di predicazione. Proprio nella sua città parla al cuore dei suoi compaesani e li aiuta a riflettere circa il dono della vita, del corpo che ci è stato donato. Il Signore guarisce il paralitico ma questa guarigione la mette in stretta risonanza con il perdono dei peccati. Perché questo collegamento? Perché Gesù conosce bene il cuore dell’uomo e sa che corpo-psiche-anima sono strettamente collegate tra loro. Il malessere del corpo grava pesantemente sulla psiche e sull’anima, e viceversa. Gesù ci ricorda che siamo un’unica entità, unificati e sempre da riportare nell’unità.
Anche noi ci accorgiamo che quando stiamo male fisicamente anche l’umore diventa diverso e facciamo più fatica a pregare (l’anima è turbata). La malattia ci toglie speranza e rende più difficile l’apertura del cuore e dello Spirito.
Succede anche nel percorso inverso: il peccato personale ci cambia l’umore e ci rende molto più difficile l’uso del corpo stesso. Chi ci vede se ne accorge, ci vede diversi e ci chiede: Qualcosa non va? Come mai oggi sei triste? Stai bene?
Quando viviamo nel peccato si scatena la paralisi:
- dei PIEDI. Non ci muoviamo più; non andiamo a trovare i parenti e gli amici, facciamo più fatica ad uscire di casa, non troviamo gli stimoli necessari per uscire da noi stessi
- delle MANI. Quando il peccato abita il nostro cuore, le nostre mani si aprono più difficilmente alla tenerezza e al servizio. Negli affetti più intimi non riusciamo a vivere la spontaneità dei gesti più belli. Nel rapporto con gli altri le mani cercano di raccogliere più che donare.
- del CUORE. La lontananza da Dio e la tristezza ci impediscono di vivere emozioni positive a favore degli altri. Non ci lasciamo andare e siamo più vicini alla lamentela che al dono.
La Prima Lettura della liturgia di oggi ci mostra il peccato di Davide: il Re che uccide un saldato per rubargli la moglie. Un gesto ignobile, come ignobile è il nostro peccato. Il nostro cuore è un abisso, capace dei crimini peggiori. E in questo abisso la nostra vita rischia di caderci dentro e di perdersi.
Ma la storia non è destinata a perdersi nel tunnel della tristezza. La vita di ognuno di noi viene riscattata dal Signore dai suoi amici. Come nell’episodio del Vangelo e nella pagina di San paolo ai Corinzi, ci viene in aiuto il Salvatore, che ci salva anche molto concretamente. Gesù, perdonando i peccati, guarisce in profondità il nostro malessere e ci rimette nella condizione migliore per usare il corpo e lo spirito. Lo Spirito di Dio viene in aiuto al nostro spirito.
Il Signore ci salva nel modo più bello: attraverso i suoi amici. Quattro barellieri portano il paralitico attraverso un buco nel tetto della casa. La fantasia del Signore non ha limiti, non si ferma di fronte a niente e nessuno: gli stiamo molto a cuore. I barellieri sono coloro che, dopo essere stati salvati si dedicano agli altri. La salvezza personale è solo il primo passo; il secondo passo è diventare benedizione per gli altri. San Paolo, molto intensamente ci dice che “In noi agisce la morte, in voi la vita”. Chi è stato salvato è disposto a tutto, anche a morire, per tirare fuori dai guai le persone che ama.
Gesù passa ancora oggi tra le nostre strade, entra nelle nostre case: apriamo il cuore al pentimento alla conversione, alla festa!
predica di Domenica 14 agosto Don Paolo
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