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mercoledì 14 luglio 2010

l'uomo e la tigre

Un uomo stava camminando nella foresta quando s'imbattè in una tigre. Fatto dietrofront precipitosamente, si mise a correre inseguito dalla belva. Giunse sull'orlo di un precipizio, ma per fortuna trovò da aggrapparsi al ramo sporgente di un albero. Guardò in basso, e stava per lasciarsi cadere, quando vide sotto di sé un'altra tigre. Come se non bastasse, arrivarono due grossi topi, l'uno bianco e l'altro nero, che incominciarono a rodere il ramo. Ancora poco e il ramo sarebbe precipitato. Fu allora che l'uomo scorse un frutto maturo. Tenendosi con una sola mano, lo colse e lo mangiò. Com'era buono!

Commento

Questo aneddoto illustra la saggezza e l'essenza dello Zen: la capacità di vivere qui ed ora, di cogliere l'attimo fuggente. Tra le opposte esigenze, tra l'essere e il nulla, tra la vita e la morte, rifiutando tanto lo sconforto quanto l'esaltazione, il saggio sa gustare la dolcezza di un semplice frutto, di un semplice istante. Meditare è immergersi nel presente, lasciando perdere sia i ricordi sia le preoccupazioni per il futuro. Anche se ci troviamo sull'orlo di un precipizio, questo momento è tutto il nostro tempo. Solo la nostra mente, con le sue previsioni e le sue anticipazioni, ce lo può distruggere. Dice la Maitry-Upanishad: "Per gli uomini, la mente è la sola causa della schiavitù e della liberazione".

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